Il Berlino è un luogo denso, ha l’energia degli spazi pieni di storia, vernacolare e sperimentale. Un’antica casa, un borgo medioevale, un tempo forse bottega, forse osteria, un passaggio segreto dal castello al forte di Ceva di cui rimane solo un pertugio nel giardino, traccia di come da sempre il sito sia stato strategico e di passaggio. Nei primi del 9cento l’edificio si trasforma a deposito/stalla temporanea a servizio del mercato, nel cuore della vita della comunità. Poi anni di abbandono, regno di gatti e farfalle, una civetta vigile dal castello unico custode.

Abbandono fino al 2017, quando inizia un recupero attento e paziente che ha ridato voce alla vocazione sociale del luogo: 3 cantine dai muri in pietra di fiume e mattoni, soffitti a volta o lignei, memoria di medioevo; 2 stanze al piano superiore dove la scelta di lasciar le tracce delle vecchie pitture alle pareti, il lavabo in pietra e il camino, rende leggibile come una pagina scritta la storia del luogo e libera l’immaginazione nel perdersi nella ricostruzione della vita degli antichi abitanti. Un terrazzo coperto al primo livello si affaccia sul giardino, parte di un corridoio verde e segreto ai piedi dei castelli di Ceva; giardino dove l’elemento naturale spontaneo si confonde con le essenze medicali e profumate e con gli elementi artificiali. Il progetto è tutto una tensione armonica fra la valorizzazione dell’antico e dell’esistente e l’introduzione di elementi di rottura, tutti di recupero, come i mattoni dei camminamenti o i bancali di recizione o il rivestimento del bancone. 

Tensione ed equilibrio fra memoria e presente, tensione ed equilibrio anche nei due assi di direzione: dalla strada - urbana, pubblica, grigia - al giardino - naturale, intimo, meditativo. Dalle cantine - discesa avvolta in un  barlume di candela, si ascende attraverso il corpo scala, baricentrico e bianco, verso la luce, verso le stanze dai soffitti alti e verso l’inatteso muro verde della vegetazione in estate o verso il candore abbagliante della neve in inverno.